Lo so, lo so... C'è appena stato Natale col suo Gesù Piccino, San Silvestro e subito appresso "Maria Madre di Dio" al dì n. 1 dell'Happy New Year. Diversamente, oggi 06/01 è l'Epifania di "Nostro Signore" e domenica ecco che, calendario gregoriano alla mano, v'è il battesimo del millenario poppante sunnominato – e sunnominato, spero (anzi, prego...) non invano.
Eppure in controtendenza alle recenti tendenze gregoriane del calendario che riportano nascite, fini, ancora nascite e battesimi fra Santi però tutti morti (e allora perché non metterci pure la Befana? ...ah, già! perché la Befana è viva, esiste ancora... siòcco adulto che sono!), voglio invece epifanizzare qui una sorta di discorso pasquale giacché concerne il concetto e una pratica non metaforica della possibilità di risorgere. Sì, avete capito bene: "possibilità di risorgere".
Un discorso tutt'altro che scontato e/o – ad onta delle apparenze – rassicurante di fronte a un'annata che, con buona pace di chi va in vacanza a Cortina, si preannuncia apocalittica o perlomeno da "pianto e stridor di denti" come non mai. Ma se lo faccio, è in virtù di un libro di cui ho parlato mesi orsono e che ora torna quantomai necessario (nell'accezione piena del termine) affrontarlo più in profondità,

Anche per questo ero felice e sorridevo alla notizia dell'uscita della raccolta poetica, sopra evocata, di Massimo Zamboni (...Ecce Homo!) dal titolo Prove tecniche di resurrezione.
Che l'artista reggiano, del resto, approdasse alla pubblicazione di un libro di poesie era, per me, un alcunché di spontaneo. Esito naturale di un percorso multivoco e stratificato che la sua fuoriuscita dai gloriosi CSI - Consorzio Suonatori Indipendenti (dopo i leggendari CCCP) ha permesso di rivelarsi meglio, con maggiore nitidezza.

Perciò nei componimenti del libro suddetto, si può osservare come le parole dei testi davvero s'incidano nello spazio bianco della pagina a scavare dei vuoti in grado di farne risuonare, di risaltarne maggiormente il segno, il corpo: insomma, un'indicazione investigabile di significati che, frattanto, iniziano a viaggiare.
E non è solo l'ossatura scarna di talune liriche (in specie nel capitolo Al cuore che rimane) che possono ricordare i procedimenti di un Ungaretti tesi a isolare parole o frasi apparentemente povere allo scopo di ipersignificarle, di sottolinearne la portata evocativa o drammatica o duramente interrogativa; bensì è anche lo smarginamento dei versi in passaggi riflessivi che lambiscono, di fatto, la prosa (il finale di Zero per tre, l’incipit de Il mio corpo è un passaporto falso, la lunghezza sregolata di certi versi di Pied Beauty) a dichiararne l'anelito ad articolare più vastamente un'indagine, ad attingere al colmo la vivezza di un moto emotivo nella sua semovente instabilità, ricorrendo a un siffatto prolungamento della scrittura versificata oltre una misura idealmente prestabilita.

“Adorno sbagliava. Dopo Auschwitz, è obbligatorio scrivere poesia. Non tanto le filastrocche con le rime baciate; non tanto la sacrosanta forza della poesia come l’intendeva Emily Dickinson, il tuono che si concentra e tutto sgretola, mentre ogni cosa creata cerca rifugio. Dico la poesia dei corpi, dei volti, delle nostre essenze, quella che si scrive da sé, senza mediatori, capace di offrirsi ancora una volta come speranza. Quella che questa sera balla e strepita, e cerca e dà conforto. Siamo noi, la poesia. Anche dopo Auschwitz. Specialmente, dopo Auschwitz”.La parola letteraria e creativa, dunque, s'incarna alfine nell'"essere umani" (Etty Hillesum docet), attivandosi proprio come dispositivo di salvezza e di Resurrezione, dopo essersi messa alla prova – grazie appunto a decine di pagine di prove tecniche... – per molteplici peripli fra la prosa e la composizione lirica;

Compito supremo e grande della Letteratura - e dell'Arte tutta – che un artista vero, sincero, è stato in grado in tal modo di far risorgere alla nostra attenzione e alla nostra sensibilità, ormai deportate e sepolte da troppo tempo sotto le coltri confusionarie dello sterile chiacchiericcio smodato e dell'eccesso video-figurale di questa resistibile Era mass-mediatica.
Clicca sui seguenti link per:
- la mia canzone preferita fra i testi del volume di cui sopra (by Zamboni, appunto, con un'incisiva Nada: per un confronto tra il pezzo testuale e la sua corrispondente realizzazione musicale fatta dal nostro Massimo, nonché per ristorarci un po'...)
- un'intervista a Zamboni durante il tour, con la scatenata Angela Baraldi, Solo una Terapia - Dai CCCP all'estinzione (by Danilo Soscia. ...A proposito, il dinamico duo pare stia facendo dei concerti in grado di risuscitare i morti!)
- il sito della casa editrice Donzelli che ha pubblicato il libro in una coraggiosa collana di poesia (by l'editrice medesima e il suo webmaster... Perché è ora di farsi una cultura, ragazzi!!)