Thanks.
O'Riordan.
Dolores.
O'Riordan.
Dolores.
Voce di una generazione, sì: poiché capace di struggente unicità e sbalzi vertiginosi di registro, per esprimere i soprassalti tormentosi del cuore di un insieme d'anime giovani che – mentre si lasciava alle spalle le apparenze illusorie degli anni '80 – era in mezzo al guado di un'era già global che, negli scheggiati '90, iniziava ad affilare il proprio efferato corso verso la disumanità iper-mercatista e smaterializzante di questi annosi 2000.
Testi tanto semplici, i suoi, quanto trafitti d'improvvisi ribaltamenti oscuri nel mezzo di slanci verso nostalgie di vaghe luminosità: ma per dare, così, contundente forma e timbro alla fisicità di universi spettri interiori che prima o poi, nell'intimo, fanno dire a ognuno «Does anyone love the way they are?». Qualcuno si ama per il modo in cui è? Che è la vera domanda da farsi con radicalità, mentre si guarda a come rifulgere vivi sia d'ombre che di Stelle.
Clicca sui seguenti link per:
- un sentito ricordo di un 44enne come me, per spiegare perché la morte di Dolores O'Riordan ci tocca nelle corde più abissali (by lo scrittore Andrea Pomella)
- l'epopea dei Cranberries e della sua leader appena scomparsa in una monografia che, adesso, non mi va di dibattere argomentando l'originalità della band irlandese e della sua autrice-cantante (by Claudio Fabretti della comunque commendevole "Ondarock")
- Dolores e i Cranberries: outsiders periferici che segnarono i '90 e in realtà, a riascoltarli ammodo, segnano ancora… (by Matteo Cruccu sul "Corriere.it")
Nessun commento:
Posta un commento