sabato 9 luglio 2011

Voglia di Reale

La scena del crimine si situa a casa dei miei genitori.


Sabato scorso, 02/07. Ora di pranzo.
TV sintonizzata con disinvoltura su "Studio Aperto": Tg che, in confronto, quello di tale Emilio – detto "Fede" – pare "Report" per rigore documentario e validità argomentativa.
Servizio glamour sulle nozze di un certo Principe dei puttanieri con un'aspirante Principessa delle ex campionesse di nuoto addormentate. Fuochi d'artificio sul video. Sfarzo e meduse ridenti in prime time, anzi in lunch time. Simulacri di donne opulente e col sorriso self service disserrano labbra a cianciare di fashion, charme ed elitarie VIPperie, come se stessero discettando dell'argomento ontologico di Anselmo d'Aosta.

Io da amante della Sofìa, vorrei ascoltare ammodo cotanti filosofemi, ma mio padre ha la deprecabile abitudine di commentare ad alta voce ogni notizia che passa il telegiornale, snocciolando tutte le volte la sua personale pseudo-tomistica extra-aristotelica delle umane cose.
Cacchio! Vorrei proprio conoscere il nemico sullo schermo, però mi è dato di percepire solo brani di frasi e discorsi che, comunque, se avessero qualche briciolo di sostanza e struttura di verità reggerebbero lo stesso, nonostante la loro frammentazione.

È un po' come quando ti capita di guardare un film già bell'e che iniziato alla televisione. Se il film è scritto bene, con una logica organica delle conseguenze, con nodi drammatici e punti di svolta correlati secondo Sense and Sensibility, puoi star certo che riuscirai a coglierne l'interezza o perlomeno buona parte delle implicazioni e a seguirlo cavandone nuclei importanti di significato o finanche di visione del mondo, a dispetto delle parti che puoi aver perso prima o di cui non hai visto lo svolgersi.

Nel caso del servizio in oggetto, tuttavia, si è ben lungi da ciò. Sicché giunge in totally surplace il suo irresisitibile avvicendamento con un susseguente gran pezzo di televisione giùrnalistica in cui s'intervista un altro principe: tale Emanuele detto "Filiberto" (appellativo con cui battezzerò il mio prossimo cane).

Ed ecco la giùrnalista esordire con una questione di cui colgo il passaggio finale, recitante più o meno così: "Orbene, caro Princi Fillo, c'è voglia di Reali tra la gente... C'è voglia di Reali in giro... Come ti spieghi tutta questa voglia di Reali, questo seguito verso le loro vicende, questa passione scoppiata tra le persone?". 

Mio padre abbozza sconvintamente la sua analisi fanta-marxista della "Voglia di Reali" che sembra permei e movimenti la società intera. 
Io mando a cagare la giùrnalista e basta.
Ulteriori commenti, zero. Rabbia tanta e rivolta con decisione verso i professionisti dell'irreality show giornalistico. Brutta gente.

Neanche 24 ore dopo, scoppia ben altra passione tra le persone. Vaglielo a spiegare adesso ai poveri (si fa per dire...) Filiberto E Manuele che c'è chi ha voglie e passioni assai differenti in agenda.
In Val di Susa, il potere volutamente cieco e sordo apre i cantieri della linea TAV senza avere mai interloquito seriamente con gli abitanti della zona. Il Potere fintamente democratico e tacitamente violento compie l'ennesimo atto di forza pensando che l'esercizio della democrazia (parola oramai da reinventare quando non da cambiare) finisca nel frangente in cui i cittadini inseriscono la loro scheda elettorale nell'urna; dopodiché faccio – dice il Potere – quel che mi tira il culo e te lo faccio pure piacere. Olio di ricino invisibile, stupro subliminale di massa: prendi, butta giù, ingoia, apri le gambe, piglia dentro, stai zitto e non rompere i coglioni che dopo, dài!, se fai il bravo, ti faccio fare la manifestazione di protesta autorizzata. E una volta che t'ho autorizzato e l'hai fatta, poi mi lasci fare quello che voglio, OK?
Nessun plausibile disaccordo è messo in conto, impossibile accogliere alcun dissenso per chi è aduso soltanto a ricercar consenso. Qualora Dissenso ci sia e abbia l'ardire di esistere, va represso invece di essere semplicemente ascoltato e discusso per le ragioni che reca con sé, le contraddizioni che ha e pure per il grumo di emozioni e disagi che lo anima. Il tempo e lo spazio del confronto – anche aspro ma al vivo, presente, palpabile, verace, vero, fra umani, e non mediato dal solo flusso mediatico e/o propagandistico/giùrnalistico, dalle agenzie di stampa oppure dalla rappresentazione quotidiana della politica – sono a priori banditi, a priori allontanati, a priori giudicati inammissibili.


Al cospetto dell'erezione di una simile muraglia, di sittanta conclamata e ulcerosa separazione tra chi rappresenta ed esercita tale Potere, ossia lo Stato Italiano, e le persone stesse che – a livello teorico – in detto Stato si riunirebbero in quanto Popolo, emerge allora in tutta la sua evidenza la riflessione di qualche giorno fa dello scrittore Giuseppe Genna:
"Il crollo delle maschere e la diffusione transnazionale delle notizie stanno testimoniando che si compie una facile profezia in Italia, al di là di ingiustificati entusiasmi primaverili: la gente si è rotta i coglioni e, se si rompe i coglioni, non è che si confronta con il televisore – va direttamente dall'unico rappresentante che lo Stato [...] può schierare di fronte ai cittadini oggi, il Poliziotto. Questo atto è testimoniato. Inizia di un totale inizio una lunghissima battaglia, che è in realtà una guerra, anzi: più guerre. Si incendiano zone sovrapposte del vivere civile: le lotte per l'ambiente, per la dignità della vita, per i diritti inalienabili di un'etica universale, per l'uguaglianza, per l'abbattimento dei filtri all'informazione diffusa".
In altre parole, c'è Voglia di Reale. Altroché di Reali! protagonisti artificiosi e distanti dello showbiz gossipparo e scoreggione.
C'è voglia di Reale perché molti singoli individui, magari e volentieri aggregati in una comunità d'intenti, manifestano dunque l'istanza di oltrepassare tutti i diaframmi strumentalmente predisposti per tenere ognuno a distanza di sicurezza dalla presa di contatto diretta, e un minimo de visu, con la realtà effettiva dei problemi che lo circondano e di cui si avverte parte in causa intrallacciata con altri.

Diaframmi quali la veicolazione giornalistica condizionata e sviante (la quale s'illude o peggio finge di essere libera) che ad esempio – per dire quant'è generalmente paracula – fa prevalere news sul numero di feriti e contusi della Polizia ma non su quello dei manifestanti; oppure, il palcoscenico dove ogni giorno si recita la fiction oscena della politica nazionale, dove i cambi di ruolo, costume o facciata sono diventati norma al soldo del migliore offerente, che di certo mica è la gente; o, infine, l'opacità ipnotica e reificante dello schermo televisivo intesa a offrire un modello illusorio di realtà che sia a sua esclusiva immagine e somiglianza – coi suoi reality, "Real Time", Real TV e pure Real Madrid, purché vi sia sempre una storpiatura straniera o manchi all'appello almeno una lettera o una sillaba a invalidarne la corrispondenza con quello che dovrebbe precisamente segnalare o nominare affinché si riconosca e lo si indaghi davvero: il Reale, la Realtà.

Per cui, smettiamola di invocare la Resistenza e lasciamo riposare i Partigiani in pace. Resistere per chi? Resistere per cosa? per il nostro privilegio di avere il digitale terrestre? affinché ci catodizzi un bel dì un principe o una principessa extraterrestri sul divano delle nostre frustrazioni e piccinerie personalistiche?
"Lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti". Tocca a ognuno di noi, adesso, andarsi a riprendere con decisione e chiarezza il Reale. E con esso, pure l'Immaginario; e la volontà di sognare e desiderare con la propria testa; e il coraggio di dare scandalo con l'autenticità espressa del proprio cuore: fra Senno e Sensibilità, Cielo e Terra;  giudicando, alfine, perché non si ha paura alcuna di essere giudicati.

Riprendiamoci questo Paese a colpi di Realtà.
Riprendiamoci una personale e attiva Responsabilità.

Liberiamoci dalla libertà per liberarla! Via da chi dice che è così oppure cosà; via da chi la confina tra mura e negazioni di possibilità. La libertà non esiste se non nella somma delle azioni che si compiono per conquistarla. E Io, Tu e pure Esso possiamo certamente fare tali azioni, dimodoché si crei proprio quella somma che fa la differenza e genera quindi altre opzioni, diversità di soluzioni. A spiazzare perciò l'indiscutibilità monocratica di forme di pensiero a schema unico, fissato per sempre o voluto a tavolino da chissà quale Sua Altezza; e a divergere pertanto da preordinati format di vita paratelevisiva, dettati e istituiti da chi vuole mantenerci prigionieri del regno dell'irrealtà.  




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4 commenti:

  1. Ciao Damiano!
    Ben detto, per prenderci la nostra libertà scatodizziamoci, come prima cosa...
    Simone

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  2. Simone, ti ringrazio.
    OK con la decatodizzazione... Tuttavia, quando parlo della necessità di riprendersi "con decisione e chiarezza [...] pure l'Immaginario", ne consegue che in questo immaginario rientri pure l'aborrito tubo catodico...
    A proposito di immaginario, segnalo la 1° puntata del mitologico cartone-giappo Capitan Harlock, dove – senza stare a scomodare Popper o altri – c'è una profezia piuttosto eloquente e calzante per il nostro Belpaese in merito al beneamato elettrodomestico nazional-popolare. Il link è http://www.youtube.com/watch?v=4o6oEn73fms.

    Ciao! Continua a seguire Bearded Goby.

    dp | Damiano Pignedoli

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  3. Quante suggestioni… Una delle tante – soprattutto in relazione al riprenderci l'immaginario di cui parli, e con esso la "volontà di sognare e desiderare con la propria testa" – mi riporta al Discorso sulla servitù volontaria di Étienne de La Boétie, il quale sosteneva (riassumendo giusto in due parole) che siamo noi a ostinarci a volere servire il tiranno di turno, e che questa volontà si è talmente radicata in noi da farci credere che l'amore per la libertà non sia poi così naturale e proprio per questo non abbia così tanto valore. Ma se c'è un Potere è perché sono i sudditi (noi) a riconoscerlo come legittimo, dunque per non essere asserviti a nessun potere (re e filiberti, pregiudizi, schemi e schermi vari), dobbiamo appunto responsabilizzarci come dici, e in questo modo liberarci.
    Alla fine non resisto e devo riportare un passo di questo strepitoso testo cinquecentesco, passo che sono andata a scovare apposta perché me lo ricordavo piuttosto incisivo e poi perché… be', La Boétie usa parole migliori delle mie! Citazione lunga ma che secondo me merita:

    "Voi vivete in modo tale che nulla più vi appartiene. Vi sembrerebbe ormai una grande fortuna conservare la metà dei vostri beni, della vostra famiglia, delle vostre vite. E tutte queste devastazioni, queste sventure, questa rovina non vengono dai vostri nemici ma da quel nemico che a voi deve la sua posizione (…). Da dove vengono tutti quegli occhi che vi spiano, se non da voi stessi? Come può avere tante mani per colpirvi, se non prendendole da voi? I piedi con cui calpesta le vostre città non sono anche i vostri? Ha qualche potere su di voi, che non gli derivi da voi stessi? Come oserebbe attaccarvi, se non potesse contare sulla vostra complicità? Come potrebbe nuocervi se non foste i ricettatori del ladro che vi saccheggia, i complici dell'assassino che vi uccide e i traditori di voi stessi? (…) Vi indebolite perché egli sia più forte e vi tenga più corte le redini sul collo. E di tanti infami maltrattamenti ai quali si ribellerebbero persino gli animali se vi fossero sottoposti, potreste liberarvi, se voi tentaste, non dico di liberarvene, ma almeno di volerlo."

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