mercoledì 8 gennaio 2014

La notte che vedo non è la notte




8 gennaio da non molto, allorché mi accingo a scrivere nella notte. 
Un altro 7 gennaio se ne è andato anche quest'anno. Un giorno particolare, per me, quello. Mi piaccia o no.  
Il 7 di non troppi minuti addietro, appunto, una persona cara scrive provata dalla sofferenza verso il proprio padre alquanto malato e chiede "la verità, vi prego, sulla morte". 
"La speranza, il rinnovamento, cosa sono se siamo esseri che poi muoiono, finiscono. Finiscono? Finiamo?"   

07/01: esattamente nove anni fa, nel colmo di una notte ubriaca di pioggia, reduce da una grandiosa festa tra amici d'oro e ballerine di Flamenco, guido la mia auto sulla via Emilia. 
Black Out ad un tratto: luci spente nella testa degli occhi. Un colpo davanti – e poi dabbasso – mi sveglia e riscuote. Rinchiuso nell'auto, sono in volo. Eyes Wide Shut
Infinitesimali metri e metri dopo atterro sbattendo con la vettura sul versante di un fosso, su cui rimbalza risospinta via come una pietra rotolante più e più volte, mentre si accartoccia, grida e si frantuma in vari punti. 
OK, ci siamo – penso in un qualche anfratto della mente, mentre mi faccio tale centrifuga rovesciandomi giù verso il basso e contro la tempesta sferzante.  
Poi, stop. 
Fine? 

La macchina, strutta, è scaravoltata sul fianco destro. Vetri, frammenti, pezzi, acqua addosso. Ho perso gli occhiali ma scorgo sangue, inoltre ho una spalla lussata. Bene, mi piglio il braccio sinistro e lo tiro. Crack. Fatto: per prima cosa ho rimesso a posto la spalla. Adesso posso alzarmi e provare a uscire dall'abitacolo senza farmi altro male. Per stanotte, basta e avanza: ho tracce indelebili dentro collo e schiena per decenni a venire. 
Allungo il corpo verticalmente fuori dal finestrino sinistro. Sbuco con la testa e mi guardo attorno. Incredibile, sono vivo. Non era la mia Ora. 

Dal buio, una voce sorge e chiama stupefatta: "Hey! Hey! Ci sei? C'è qualcuno?" – poi – "Incredibile. Sei vivo! Non ci posso credere: ho visto il volo che hai fatto, l'auto che si scaravoltava, tutto l'incidente e… Incredibile, sei vivo. Incredibile". 
Mi dice che ha chiamato subito il carro attrezzi, mi domanda come può aiutarmi, se voglio fare una telefonata o… 
Parla e lo guardo come un alieno, striato di sangue che mi scorre giù per il trauma cranico. Lo interrompo all'improvviso, rivolgendogli per la prima volta la parola così: "Ciao, piacere. Io sono Damiano". 
"Ah!" – fa lui, ridendo, sorpreso che mi sia prima di tutto presentato – "Piacere, io sono Luca. Ma…" – basito ancora per l'inattesa presentazione  – "stai bene?!". 

Mi presta il cellulare. Faccio due telefonate. Dopodiché, mi sorride e non lo vedo sparire nella notte
Era un Angelo e neanche Dio può dissuadermi da ciò. 

Ho ripensato spesso a quella scena incastonata nella piovosa oscurità, dopo che la Morte mi aveva appena guardato dritto in volto dicendomi di Vivere e di farlo nella Luce. 
Ho riso e fatto ridere raccontando di quanto ero probabilmente stranito e obnubilato dal Crash tanto che, all'angelo giunto in mio soccorso, m'è venuto innanzitutto fatto di presentarmi comme il faut invece che di chiedergli aiuto o altro sostegno pratico.

Ma dopo nove anni, proprio oggi – anzi, ieri, ho capito che la Lucidità e la Chiarezza mi fecero visita con una dolcezza e un nitore tanto segreti quanto infiniti nel corso di quell'istante. Perché quel ragazzo, probabilmente, era più spaventato di me (giacché invaso, io, d'irraggiungibile adrenalina) dopo aver visto veleggiare la Morte davanti a sé, senza però averci parlato nel mentre come il sottoscritto. In più, non credeva ai propri occhi che vedevano un Dead Man Walking assurgere vivo e intero da un nero antro di lamiere: un autentico spettro al suo cospetto. Che altro potevo dirgli, allora, se non "Ciao, piacere. Io sono Damiano"? Ovvero: Eccomi, amico: sono qui e sono vivo. Bello incontrarti. Prendi la mia mano, sono vero. È tutto OK, sorridi adesso

Energia siamo e, soprattutto, Diventiamo. Sempre nuova e diversa, sempre avanti e Oltre.  
I nostri corpi sono maschere e veli a contenere e plasmare scintille e particelle di nucleare potenza, bagliori e flussi di forza impermanente che danzano e sfilano nel tempo, fra le universe cose di interminati spazi profusi nel mistero alato delle stelle. 

Moriremo? Sì, e ci si trasformerà in uno e altri Al di Là, scorrendo ancora e mobilitando nuove intensità, ricreandosi continuamente finché si diventerà un ultimo splendido Per Sempre. 
Poiché Energie – più che esseri – si è, si va, si diviene sprigionando magici il proprio vivere e il proprio andarsene nella notte assorta delle esistenze: laddove brilla ciò che ancora non c'è, perché semplicemente sarà. E perciò saremo. 

Tutto continua. 
Fino al Per Sempre. 

È tutto OK. 
Sorridi adesso.

La notte che vedi non è la notte.






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2 commenti:

  1. Grazie della Luce condivisa.

    "La meta della nostra corsa è la morte, è questo l'oggetto necessario della nostra mira: se ci spaventa, come è possibile fare un passo avanti senza agitazione? Il rimedio del volgo è di non pensarci. Ma da quale bestiale stupidità gli può venire un così grossolano accecamento?"
    Montaigne, "Essais", I, 20

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